mercoledì 23 luglio 2014

Accettare e lasciar andare.

Semplice ma non facile, difficile ma non impossibile. 
Vuol dire, per cosa ho imparato io da questo semplice modo di affrontare le cose, prendere atto della situazione, consapevolizzare tutto ciò che sento e percepisco, al di la degli attori della situazione, quindi degli altri, di cosa fanno e pensano, qui stiamo parlando di noi ora.
Accettare vuol dire assumersi la responsabilità delle cose, delle proprie azioni e pensieri, per cui si fa un bel respiro e si inizia a pensare in termini di soluzioni e azione, non di problemi e limiti, inoltre si lascia andare, cosa? Tutta la sofferenza, qualsiasi tipo di paura verso il futuro, senso di colpa verso il passato, ansie di tutti i tipi, sensi di rabbia, rancori, e quanti altri, insomma non rimaniamo attaccati al dolore, pensiamo in termini di amore incondizionato. Ognuno ha il suo percorso e le sue scelte da fare e lezioni da imparare, per cui possiamo stare vicini agli altri senza interferire nel loro percorso, dato che è il loro, come nessuno può interferire nel nostro. 
Insomma, accettare vuol dire predisporsi ad imparare la lezione portata dalla situazione che stiamo vivendo e iniziare a vedere le cose in modo diverso lasciando andare via la sofferenza.
Accettare non vuol dire rassegnarsi, sentendosi impotenti o vittime sia ben chiaro.
Ho notato che le persone invece tendono a rimanere nelle situazioni che li rendono tristi e sofferenti, avendo come punto di sfogo la lamentela e rimandando i tempi buoni per il cambiamento e l'azione. Io e l'arte del rimandare le cose da fare siamo amiche da una vita, è uno dei miei punti deboli insomma, pian piano mi accorgo sempre di più quando trovo una buona scusa per dirmi "ma si, lo faccio dopo, domani, poi"..
Questo secondo me fa parte del bagaglio del "ho paura di":
- sto male con il mio ragazzo/la mia ragazza ma continuo a stare con lui/lei perchè ho paura di lasciarlo/a perchè potrebbe stare male e fare chissà cosa (sindrome da crocerossina, stiamo male ma ci assumiamo il ruolo di salvatori e ci leghiamo ad una situazione infernale) oppure ho paura di lasciarlo/a perchè non so stare da solo/a (paura della solitudine e dell'indipendenza)
- sto male al lavoro con i colleghi o con il tipo di lavoro ma non lo lascio perchè c'è la crisi, ho paura di non trovarne un altro (quando non ci si prova nemmeno a pensare a cosa vogliamo fare "da grandi" e iniziare a seguire quel percorso che di sicuro ci porterà molte più soddisfazioni di un qualsiasi lavoro fatto per mandare avanti il sistema)
- sto male fisicamente a causa di x disturbo o malattia ma non faccio nulla per capire la causa profonda (è un lavoro troppo grande e quindi è più semplice continuare a imbottirsi di farmaci per zittire i sintomi e avere l'impressione di stare meglio)
- sto male fisicamente perchè sono troppo grassa/o o magra/o ma non faccio nulla per capire perchè sfogo sul cibo i miei conflitti emotivi oppure per capire perchè non assimilo o assimilo fin troppo dagli alimenti
- sto male ma è troppo dura pensare di cambiare per cui lo farò quando succederà tale cosa perchè starò meglio (io avevo il mio punto zero, che non arrivava mai perchè rimandavo sempre l'azione)
Potrei andare avanti con un sacco di altri esempi, ma diciamo che il copione è sempre lo stesso, stiamo male ma non facciamo nulla per cambiare le cose, sempre rassicurati da una buona giustificazione. Il bello è che le più convincenti le usiamo per noi stessi, ma quelle sono facili da riconoscere col tempo, perchè sono quelle che fanno apparire un aspetto limitante come sicuro, quando è solo e semplicemente limitante.
Se c'è accettazione non vi è sofferenza, se non c'è sofferenza non esiste la lamentela, se non c'è la lamentela siamo pieni di gioia. Se siamo pieni di gioia è più facile poter godere della vita, trovarne un senso e scoprire cose che personalmente ho trovato meravigliose e in questo blog cercherò di condividerle con chi leggerà qui. ;) 

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